Nuovo brillante talento del panorama musicale italiano, autore di
canzoni dai testi acuti, sottili e cinici, che viaggiano su sonorità
elettroacustiche influenzate dalla tradizione italiana e dal british pop
degli anni ’80, ha confezionato un album dalle molte sfaccettature,
rielaborando e ricomponendo diversi stili musicali in un eclettico
collage di suoni, melodie e riferimenti.
C’è
un’opera di Banksy dove una signora si punta una pistola alla tempia e
si fa esplodere la testa piena di farfalle. Carnesi potrebbe fare lo
stesso. In “Ho poca fantasia” mette insieme “Cuccurucù” di Battiato e i
Cure. Le melodie strane da una parte, le chitarre riverberate e la new
wave dell’altra. Poi parte il ritornello – “E’ un algoritmo lineare…” –
si apre, quasi si libera, come se volesse alleggerirsi
dell’intellettuale pesante e goffo che ti ha presentato all’inizio,
figurati se non lo sa Lui di essere un ventenne complicato che scrive
canzoni complicate. E allora dopo “un algoritmo lineare…”, ci aggiunge
“Signore mi porta un caffè?”
“Provate a chiedere a Tim Burton di fare un ritratto di Robert Smith
dei Cure: quel che ne verrà fuori sarà Nicolò Carnesi!” Questo basta per
descrivere l’immagine che emerge del giovane cantautore: autore di
canzoni dai testi acuti, sottili e cinici che viaggiano su sonorità
elettroacustiche influenzate dalla tradizione italiana e dal british pop
degli anni ‘80.
Un formidabile inventore di musica e un attento osservatore della
realtà, in modo penetrante ma ironico. Nella sue canzoni, infatti, si
delineano sconfortanti scenari della società moderna, di fronte ai quali
il cantautore si ritrova, giustamente, disinteressato e annoiato.
Nicolò Carnesi non si pone domande, non cerca una soluzione ai problemi
del mondo, lui non può far nulla, può solo musicarlo. Perciò non c’è
alternativa, né comunicazione. L’unica via per trovare la giusta
dimensione è guardare da un’altra parte.
Con “GLI EROI NON ESCONO IL SABATO”, Carnesi dà voce al proprio
eclettismo, quello che potrebbe diventare un vero e proprio marchio di
fabbrica: Nicolò applica una continua rielaborazione dei diversi generi
musicali in cui gli originali vengono svuotati della loro identità,
smontati e ridotti a tessere per un collage di suoni, melodie e
riferimenti. Grazie a questa formula convivono nello stesso disco
elementi più diversi: il folk-pop de “Il colpo” e “Zanzibar” (con
Brunori), la new wave più tirata di “Ho poca fantasia” e “Medusa”, il
flower pop di “Forma mentis”, il garage-rock di “Mr Robinson” e “Kinder
cereali all’amianto”.
Nicolò rielabora svariati generi musicali, riutilizzandoli come
tessere per un mix inimmaginabile di suoni, richiami, melodie. Questo è
l’alchimia che permette di far coesistere nello stesso album generi
diversi.
Insomma Nicolò Carnesi è un moderno artigiano che ha elaborato la
musica tradizionale italiana declinandola secondo nuovi mezzi
comunicativi (la new wave, l’elettronica, etc.) e rendendola anche
facilmente fruibile.
L’album vede la collaborazione degli Hank!, Francesco Pintaudi alla
chitarra, Agostino Burgio alla batteria, e Settimo Serradifalco (Akkura,
Donsettimo) al basso, oltre alla partecipazione di Dario Brunori,
Giusto Correnti (Dimartino), Serena Ganci (Iotatola), Giole Valenti
(Herself).
La preproduzione è di Nicolò Carnesi con la preziosa collaborazione
di Toti Poeta. Il disco è stato registrato al Sonoria Studio Recording
di Scordia (CT) da Vincenzo Cavalli. L’album è stato missato a Milano
all’Adesiva Studio Recording di Paolo Iafelice (già con V. Capossela, F.
De Andrè, etc) tranne tre brani missati da Roberto Terranova.
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